Questa analisi è basata su dati presi dall’INPS e dal Sole24ore e dall’FMI e prende in considerazione solo gli immigrati regolari e residenti in Italia, escludendo tutti gli altri. Il nostro obbiettivo non è quello di stabilire cosa sia giusto o cosa non lo sia dal punto di vista morale: in questo articolo ragioneremo solo sui benefici e costi dell’immigrazione.

Secondo gli esperti del settore, come il presidente dell’INPS Boeri, l’impatto futuro legato alla mancanza di immigrati regolari sarà negativo. “Gli immigrati sono fondamentali per il mantenimento del sistema previdenziale che, senza di loro, rischia il collasso”: queste sono le parole di Boeri che definisce fondamentali gli immigrati per il mantenimento del sistema previdenziale italiano: ma cos’è il sistema previdenziale? Il sistema previdenziale è un sistema economico basato sui risparmi dei singoli lavoratori, per intenderci quello che i nostri genitori risparmiano per avere un budget economico necessario alla nostra tutela per salvaguardarci dai rischi provocati dalla perdita del lavoro, da malattie o da eventi naturali o altro ancora.

Questo sistema è diviso in 2 parti: la prima è quella “pubblica” che è obbligatoria, ovvero i contributi economici versati dai lavoratori che vengono poi erogati ai pensionati; la seconda è la parte privata, integrativa, chiamata anche previdenza complementare.

Secondo le previsioni di Fmi, dato che nel 2045 avremo un lavoratore per pensionato, diventerebbe necessario aumentare la pressione fiscale (circa dell’80%) al fine di preservare questo sistema previdenziale e garantire così la pensione a tutti.

Ora capito il problema, ovvero la futura mancanza di lavoratori in grado di pagare le pensioni, dobbiamo chiederci quale sia la causa determinante per poi risolvere questo grattacapo.

La causa principale va individuata nel calo demografico dell’Italia, infatti il rapporto nascite/morti è minore di 1, cioè muoiono più persone di quelle che nascono. Nel 2045, sempre secondo l’INPS, in Italia ci saranno 59 milioni e nel 2065 54 milioni di abitanti, mentre ora, secondo gli ultimi aggiornamenti ISTAT riguardanti il 2017, siamo in 60,59 milioni di abitanti. In Italia quindi ci sono sempre più anziani e sempre meno giovani, l’età media infatti è di 45 anni con una percentuale di minori di 14 anni del 14%.

La soluzione andrebbe ricercata nell’aiutare le famiglie a fare più figli, sostengono alcuni, altri invece pensano che la soluzione sarebbe accogliere più immigrati. Ora senza scendere in temi ideologici o morali, analizzando solamente i numeri e parlando dal punto di vista economico e non sociale, è innegabile e incontestabile che ad oggi gli immigrati rappresentino una risorsa economica importante: in primis hanno un’età media inferiore alla nostra, circa 33 anni;  inoltre su 16 milioni di pensionati gli stranieri sono circa 130 mila,  di cui una parte ha la pensione contributiva (80 mila), una parte invece assistenziale (50 mila), per un costo di 800 milioni di euro, a fronte dei 10 miliardi annui prodotti dai  2,4 milioni di lavoratori immigrati regolarmente e residenti in Italia. Infine, dato che le pensioni degli immigrati sono per il 99,7% contributive a differenza del 15% di quelle degli italiani, esse non vanno a gravare sul sistema previdenziale.

La Fondazione Leone Moressa ha fatto uno studio su quello che lo stato spende per gli stranieri: lo stato arriva a spendere circa 4 miliardi di euro per la sanità, circa 3 miliardi per l’istruzione, 2,7 miliardi legati a costi sostenuti dal Ministero dell’Interno, 2 per il settore della Giustizia e 4,4 miliardi per l’accoglienza. Il totale, con l’aggiunta di servizi sociali, arriva a 16,6 miliardi di euro. Il saldo tra entrate e uscite è positivo per 2,1 miliardi. Bisogna ricordare anche che gli immigrati costano allo stato fintanto che rimangono nello status di accoglienza, una volta entrati nel mercato del lavoro le uscite si riducono: ecco perché si ritiene necessaria una politica di inclusione lavorativa efficiente.

Altra questione calda è sintetizzata nell’affermazione  “gli immigrati ci rubano il lavoro”.

Nella tabella che segue sono presentati i dati dei principali lavori degli stranieri:

Settori e comparti
di attività
Occupati stranieri“Pil immigrazione” (milioni di euro)su V.A. totale
Servizi (escluso il
commercio)
47,0%64,57875
Manifattura18,5%26,07997
Costruzioni10,1%11,838166
Commercio8,5%10,10863
Alberghiero e
ristorazione
10,3%9,774189
Agricoltura5,6%5,032159
Totale100,0%127,40888

Come possiamo notare il 47% svolge servizi, prevalentemente lavori domestici, e sono quasi tutti lavori non qualificati. Si è stimato che gli immigrati si occupano per più del 50% in lavori domestici, operai e agricoli; riguardo a quest’ultimo settore il discorso cambia un po’ perché entra in gioco il fattore lavoro nero che sottrae circa 42,6 miliardi di euro dalle casse dello stato ogni anno. Ciò che effettivamente crea l’immigrazione è un abbassamento del salario medio per quelle professioni non qualificate e soggette al lavoro nero.

Ma quindi gli immigrati ci rubano il lavoro?

La riposta è NO, perché gli immigrati svolgono i lavori che solo pochi giovani italiani desiderano fare, quindi la concorrenza avviene solo in quei settori che hanno poco appeal e che sono poco interessanti agli occhi dei giovani.

A cura di Federico Battaglia